Quando la Samb ricorse all’esperienza

È stato chiamato a dare uno scossone all’abulica Samb, incapace di andare oltre il pari contro un volonteroso Real Monterotondo, il navigato tecnico Marco Alessandrini, nativo di Cuneo ma senigalliese di adozione, che dovrà cercare di mantenere vivo il duello con il Campobasso per quella prima piazza, che significa ritorno al professionismo. Si rimette in gioco il mister, che ha allenato un po’ tutti nelle Marche, Ascoli a parte… (Fano, Vis Pesaro, Ancona, Vigor Senigallia, Recanatese, Fermana, Maceratese), e che ha una gran voglia di coronare la sua lodevole carriera con un risultato di prestigio.

Dopo circa due anni di assenza dalla panchina, lasciata in quell’amaro play out di Serie C disputato con la Pistoiese contro l’Imolese, che la spuntò proprio in zona Cesarini nel ritorno in Emilia, eccolo quindi riappropriarsi del suo habitat naturale con lo spirito di quell’eterno ragazzo, che è in lui, solo anagraficamente giunto alla soglia dei 70 anni. Ha puntato quindi su un consolidato carico di esperienza la società presieduta da Vittorio Massi, per dare una svolta nel post-Lauro e ravvivare così le speranze di promozione. E non è la prima volta che nella sua storia la Samb si affida alla saggezza di chi ne ha viste tante da bordo campo per ricompattare il gruppo e ricaricare le batterie. In altre due occasioni, infatti, si ricorse a tecnici di provata esperienza, anche loro settantenni.

Chi è almeno della mia generazione non può certo non ricordare l’esodo sul campo neutro di Jesi il 3 marzo 1985 (pure come periodo dell’anno siamo lì). Fu quella, infatti, la prima partita sulla panchina rossoblù per sor Guido Mazzetti, un allenatore che per la sua bonarietà e anche per la sua menomazione fisica (era zoppo) fece subito breccia nel cuore dei sambenedettesi. Esordì proprio contro la sua ex squadra, il Monza, con un’indimenticabile vittoria (1-0) firmata da Ruffini, lanciando poi la Samb verso la permanenza in B con una sorprendente doppietta in trasferta (sempre 1-0) a Cagliari e guarda caso Campobasso, griffate dal nostro ragazzo per sempre Stefano Borgonovo.

Fu il “pater familias” chiamato al momento giusto dal presidente Zoboletti per infondere fiducia e coraggio ad uno spogliatoio, che poteva contare su ottime individualità, ma che faceva fatica a diventare squadra. E Cagni e compagni addirittura tagliarono di fatto il traguardo della salvezza con due giornate di anticipo. Sfiorò invece solamente l’impresa di restare in Serie C1 (anzi Prima Divisione come fu infelicemente ribattezzata per una manciata d’anni la terza serie) Giorgio Rumignani, convocato al capezzale della Samb per riassestare in extremis una stagione 2008/09 compromessa dalla bancarotta dei Tormenti. Tornava laddove aveva lasciato un indelebile ricordo prima come mezzala per due stagioni di Serie B nei primi anni Sessanta, poi come tecnico della promozione e successiva permanenza in Serie C1 agli albori degli anni Novanta. E il buon mister friulano, che ai suoi amava ripetere di gettare il cuore oltre l’ostacolo, riuscì ad evitare l’ultimo posto, che equivaleva a retrocessione diretta, grazie al successo casalingo contro il Legnano e al nulla di fatto a Venezia, ma dovette arrendersi ai play-out quando, dopo lo 0-0 al Riviera dell’andata, al Rigamonti-Ceppi la spuntò il Lecco con un gol viziato da un netto fallo di mani (pochi minuti dopo un clamoroso palo colto dai suoi).

Altre due volte poi si optò sempre per temprati naviganti, ma con qualche annetto in meno, visto che da poco avevano superato la sessantina, quando furono chiamati a risollevare le sorti della Samb. Toccò così a “lu bomber” Francesco Chimenti, che, senza neanche stare a parlare delle sue straordinarie imprese da calciatore con la maglia rossoblù, anche nella veste di allenatore ha sempre fornito un pesante contributo in fatto di grinta e sapienza calcistica ogniqualvolta convocato: così fu al termine della travagliatissima stagione di Serie C1 2005/06 (quella di Soldini per intenderci), quando assieme a Gigi Voltattorni e ad un leader in campo come Macaluso seppe raddrizzare la baracca di una squadra allo sbando, conquistando la salvezza nei famosi playout contro il Lumezzane. Non ebbe invece fortuna un altro trainer marchigiano (di Porto Recanati) Luigi Boccolini, quando Sergio Spina lo ingaggiò, subentrando a Giudici, che a sua volta aveva rimpiazzato Palladini, nella stagione di Serie D 2010/11, in cui la Samb recitò un ruolo da comprimaria, assistendo alla serrata lotta al vertice tra Teramo, Rimini e Santarcangelo, che alla fine la spuntò. Nonostante fosse un mister-promozione per i vari campionati vinti in Serie D, Boccolini non riuscì a prendere in mano le redini di una compagine, peraltro mal costruita, e dopo una decina di insoddisfacenti giornate la sua esperienza sambenedettese si concluse con il ripristino di Palladini in panchina. Ed ora ci si riprova nuovamente in Serie D con qualche chance in più per la promozione: non resta che augurare alla carriera di Alessandrini e al campionato della Samb quanto espresso dal titolo di uno degli ultimi libri di Raffaele Morelli “Il meglio deve ancora arrivare”.

Alessio Perotti

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