Campobasso-Samb, quelle storiche sfide degli anni 80

MASSI: «QUESTA È LA SAMB CHE SOGNAVO»
SAMB SUL MERCATO, MA SENZA ASSILLI

Per l’incrocio tra Campobasso e Samb la colonna sonora più adatta non potrebbe essere che “Gli anni” di Max Pezzali. E sì perché al di là delle edizioni più recenti in Serie D tra il 2014 e il 2016, la sfida tra le due compagini rossoblù è stata un vero e proprio duello per buona parte degli anni Ottanta, precisamente dal 1980 al 1987, quando ad eccezione della stagione 1981-82 è stata un appuntamento fisso. La prima volta ci si contese la promozione in Serie B, mentre in cadetteria si trattò sempre di scontri salvezza. Così quello che era un incrocio precedentemente inedito divenne allora un’abitudine e ad accomunare i due sodalizi fu anche la costruzione del nuovo stadio, inaugurato in entrambe le città proprio nello stesso anno, il 1985.

Fu nel 1980-81 che Campobasso e Samb diedero vita ad un’appassionante testa a testa, che si concluse solo all’ultima giornata. La Samb era appena retrocessa in Serie C1 e con il nuovo presidente Ferruccio Zoboletti e il neo mister Nedo Sonetti allestì una formazione di primo piano per risalire immediatamente in Serie B: in porta arrivò Zenga, in difesa Rossinelli, a centrocampo Ranieri e Speggiorin, in attacco Caccia e Perrotta. Al Ballarin all’andata terminò con uno 0-0 senza emozioni, mentre al ritorno capitan Scorrano siglò il gol-vittoria nel piccolo impianto del vecchio Romagnoli, un vero e proprio fortino per i lupi. La regolarità di Cagni e compagni ebbe la meglio però alla lunga sui molisani dal passo incerto in trasferta, anche se per tagliare il traguardo fu necessario arrivare ai 90 minuti finali. Infatti con due promozioni in palio quando alla penultima giornata il Campobasso sconfisse in casa la Cavese e la Samb pareggiò a Benevento, la classifica recitava: Samb 43, Cavese e Campobasso 42.

Nel turno conclusivo però Samb e Cavese avrebbero giocato tra le mura amiche con i molisani chiamati all’insidiosa trasferta di Rende, anche se i calabresi stazionavano tranquillamente a metà classifica. La Cavese si sbarazzò agevolmente del Cosenza, che retrocesse, mentre per la Samb quella che il 7 Giugno 1981 doveva essere una benedetta domenica divenne maledetta, portandosi via gli angeli di Carla e Maria Teresa nel rogo del Ballarin. La partita casalinga col Matera, come tutti sappiamo, iniziò con notevole ritardo: di conseguenza l’unica composta esultanza di quella giornata ebbe luogo quando si seppe in anticipo del pareggio (1-1) del Campobasso, per cui per tornare in B fu sufficiente mantenere lo 0-0. Si rifecero i molisani l’anno dopo, raggiungendo così la Samb in B.

Detto di un andamento simile degli scontri diretti nelle stagioni di Serie B 1982-83 e 1983-84 (entrambe vinsero in casa), una menzione speciale meritano le sfide del 1984-85. Entrambe furono infatti decise dal nostro giovanissimo bomber ed eterno ragazzo Stefano Borgonovo: su rigore all’ultimo minuto al Ballarin, di testa nel finale a Campobasso, conquistando così la seconda vittoria consecutiva in trasferta dopo quella di Cagliari con una Samb rinvigorita dall’avvento in panchina di sor Guido Mazzetti. Fu doloroso invece il primo appuntamento nel Nuovo Romagnoli, costruito dalla ditta Rozzi, ad inizio Dicembre del 1985, quando la spumeggiante Samb di Giampietro Vitali, addirittura seconda in classifica, fu sconfitta dalla rete di Russo: da lì iniziò un progressivo declino, che per fortuna non compromise la permanenza in Serie B, conquistata all’ultima giornata, vincendo a Marassi contro il Genoa.

L’ultimo duello cadetto nel 1986/87, quando il Campobasso salutò definitivamente la Serie B negli spareggi salvezza contro Lazio e Taranto, è anch’esso memorabile, perché il ritorno al Riviera, dopo lo 0-0 dell’andata, si disputò con la neve spalata a bordo campo e a decidere quel match fu un campione del mondo come Franco Selvaggi, che concluse la sua straordinaria carriera proprio a San Benedetto: per chiudere come abbiamo iniziato con Max Pezzali, a lui non può che essere dedicata “Sei un mito”.

Alessio Perotti

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