Sammenedètte | Da quello santo a quello usato sulle paranze: legami tra “oje” e mare

Si è abituati, come consuetudine ormai secolare, ad identificare l’olio come riferimento ed afferente nella preparazione di pietanze nella tradizione locale e non solo; tra questo elemento e la vita di mare, però, c’è un legame ai più sconosciuto ma comunque meritevole di menzione. Partendo dal lume (ad olio appunto) posto a prua della paranza fino al momento di maggiore convivialità che avveniva nel pranzo a bordo “nghe ddù pescètte e meccò d’oje”: con ciò si tende ad associare giustamente il valore materiale e immateriale di un alimento che contraddistingue con forte peculiarità la cucina mediterranea.


Nella sfera sociale e culturale, riferita alla nicchia sambenedettese, quando si afferma “jè se pò da oje sànte” si sta ad indicare un dedalo di commistioni emotive che rientrano nel porre ad “agio” una dinamica ben marcata in un semplice distrattismo, rinfrancando così il vortice di battute e dibattiti che andrebbero a ripercuotersi in maniera nei rapporti umani. Esaminando anche dei riti in chiave antropologica, l’olio rappresenta sempre un indice di valenza: dare un’oliata “na ònte” determina in molti casi un aulico attestato di stima nei confronti dell’unto, tutt’altro rispetto a quello che accade quando c’è da buttare “nu zucche de sale” intendendo per il sale la scaramanzia o tantomeno il rischio di un fallimento.

si ringrazia Francesco Casagrande


Fonte foto: http://www.museodelmaresbt.it/Engine/RAServeFile.php/f//UNIVERSO_MASCHILE.pdf

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