Parola di ex | Il Capitano Paolo Beni: «L’arrivo con Eliani, Chimenti e il nonnismo…»

Una vita alla Samb (tredici stagioni) dopo gli inizi con la Rondinella. Cosa ti portò a scegliere San Benedetto?

Il mio arrivo si deve ad Eliani, che mi vide durante un campionato tra le regioni che si svolgeva a Roma. Io facevo parte della selezione del Friuli Venezia-Giulia, arrivammo terzi in quel torneo. Dopo un paio di provini con la Samb, Eliani mi prese per disputare la Serie B. La mia avventura inizia così.

Il momento più bello vissuto in rossoblu?

Di momenti belli in tredici anni ne ho vissuti tantissimi. La partita che ricordo con particolare emozione ancora oggi, però, è quella di Coppa Italia con la Spal (che allora militava in A): segnai due gol e con quella vittoria ci guadagnammo la storica sfida con la Juventus. Peccato solo che quella gara non potei giocarla per via di un infortunio.

… E quello più triste?

Sicuramente il giorno della morte di Strulli è il momento più brutto della mia vita calcistica. Lo avevo anche conosciuto il portiere dell’Ascoli: qualche tempo prima della partita venne a casa mia a trovarmi. Nel mio appartamento in affitto avevo una stanza per i bambini e lui, con la moglie che era in gravidanza, mi disse “anch’io mi dovrò organizzare tra poco”…

Sei stato identificato come “Il capitano”. Ma cos’era il capitano in quegli anni per la Samb?

Devo ammettere che un po’ di nonnismo c’era, ma era del sano nonnismo: i più giovani si facevano le ossa non solo calcisticamente attraverso i nostri insegnamenti. Tempo fa Causio in un’intervista aveva detto “a San Benedetto, grazie a gente come Beni e Frigeri”. Dichiarazioni come queste, fatte a distanza di anni da grandi sportivi, sono grandi soddisfazioni.

Un giocatore dalle qualità tecniche che ti ha impressionato in quegli anni?

Ne nomino due: oltre a Causio dico Chimenti che, pur non giocando in categorie assolute, per me è stato tra i più grandi.

Com’era, vissuta dal campo, l’atmosfera che trasmetteva il Ballarin, la Fossa dei Leoni?

Il calore e l’adrenalina che trasmetteva il Ballarin era una vera e propria droga. Non appena entravi in campo i cori e le urla dei tifosi della Samb erano una sorta di endovena di entusiasmo. Qualcosa di incredibile.

Daniele Bollettini

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