La stagione sportiva appena iniziata sarà molto importante. Lo sarà per la Samb, finalmente tornata tra i professionisti dopo anni di disgrazie più o meno costanti e sospinta da entusiasmo e partecipazione (di tifoseria ed imprenditoria) mai così grandi nel periodo recente della sua storia. Lo sarà per noi della Gazzetta Rossoblù, che con l’impegno e i sacrifici di sempre cercheremo non solo di raccontarvi le partite della Samb essendo presenti in ogni stadio (“Ovunque sarai…” per citare la partecipatissima campagna abbonamenti rossoblù), ma anche di fornire i nostri punti di vista e le nostre riflessioni in maniera umile, onesta e appassionata.
Una delle prime riflessioni di questa stagione ci porta al confronto più atteso, già segnato da tutti sul calendario, che tornando dopo 39 anni si è già guadagnato le attenzioni dei media nazionali: il Derby, quello vero, quello tra Samb e Ascoli. In passato, con i rossoblù spesso relegati in categorie irriguardose per il loro blasone e la loro passione, spesso si è usato – il più delle volte da parte della stampa – in maniera impropria il termine derby: il derby con la Fermana, il derby col Teramo, il derby con la Recanatese, il derby con l’Atletico Ascoli (sic!).
Sulla Gazzetta, che pure nei suoi quasi 30 anni di vita non ne ha ancora vissuto uno direttamente, di derby si inizierà a parlare adesso, perché il derby – quello vero – è soltanto quello con l’Ascoli. Un match atteso da tutti, inutile negarlo, e che sarà più di una semplice partita, ma che si dovrà cercare in tutti i modi di far restare all’interno dei confini della civiltà e della accesa, accesissima, ma sana rivalità sportiva, come ha giustamente auspicato più volte il presidente Vittorio Massi. In questo senso, troviamo giusto che tutte le parti in causa si spendano in qualche modo per lanciare un messaggio che vada in questa direzione.
Gli occhi di tutta l’Italia sportiva saranno indirizzati alla doppia sfida (e chissà che non se ne possa aggiungere anche un’ulteriore in Coppa Italia) tra sambenedettesi e ascolani: una splendida “vetrina” in termini di visibilità – tra l’altro al culmine di un’estate che pare in tono minore per il movimento turistico – troppo importante non solo a livello sportivo, che non deve essere “rotta” da un ambiente da guerriglia che si rischia di plasmare soffiando sopra il vento dell’odio.
Sulle colonne di una realtà identitaria come la Gazzetta (cartacea e online) e sulle nostre pagine social c’è sempre stato spazio, e ci sarà, per le rivalità, per gli sfottò e per quell’italianissimo campanilismo che può essere un pungolo per alzare sempre di più l’asticella (dentro e fuori dal campo), ma non è nostra intenzione fomentare un ambiente che non ha bisogno di alimentare la tensione, anzi…
Al posto dei disordini, pensiamo ad episodi in cui tifoserie animate da una rivalità unica (e non c’è neanche bisogno di rivangare le frasi di Carlo Mazzone) sono state unite nell’affrontare una tragedia come il sisma del 24 agosto 2016, con ultras di ogni colore fianco a fianco in mezzo alle macerie per prestare i primissimi aiuti alle comunità più colpite come quelle di Arquata del Tronto; oppure, al corteo di sambenedettesi che, la mattina del 15 febbraio 1965, accompagnò la salma del povero Roberto Strulli dall’ospedale Madonna del Soccorso verso il centro, prima che partisse verso Ascoli dove si svolsero i funerali del portiere bianconero, deceduto purtroppo a seguito di un fortuito incidente di gioco al Ballarin.
In questi anni, sullo slancio dell’entusiasmo che il progetto Massi ha saputo ricreare, la Samb ha dimostrato che la sua crescita, dentro e fuori dal campo, può essere davvero un traino per tutta la città di San Benedetto (e non solo). Una crescita che è riduttivo far passare soltanto attraverso l’esito dell’incrocio con l’Ascoli. Perché il derby non sarà una partita come le altre: in campo sarà una sfida da vincere in tutti i modi e diversamente non mancheranno le critiche com’è giusto che sia. Alla fine, però, sarà sempre una partita e non una guerra: perché le partite si possono vincere, pareggiare o perdere, mentre le guerre (e nel mondo di oggi se ne hanno fin troppe dimostrazioni) non ammettono altri risultati se non la sconfitta. Di tutti.
Daniele Bollettini